Sordo dalla nascita, fino a 7 anni trattato per ritardo nell’apprendimento

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Il bambino, dalla nascita e per 7 anni, è stato considerato e trattato come paziente affetto da “ritardo nell’apprendimento”. Il piccolo, invece, era affetto da grave sordità sin dalla nascita (Tribunale Firenze, sez. II, Sentenza 30 dicembre 2023).

La vicenda

Il bambino è nato il 4/8/2003 e la Pediatra che seguiva il bambino consigliava ai genitori degli esami di approfondimento sulla capacità uditive del piccolo a seguito di un “Boel Test” dubbio.

Gli accertamenti audiologici venivano svolti presso un centro specialistico (CRO Centro Rieducazione Ortofonica) il 4/6/2004 e venivano escluse difficoltà uditive con la valutazione: “Boel test buone risposte a giochi sonori. Udito nella norma”.

Tuttavia, il bambino crescendo presentava evidenti difficoltà nel linguaggio tanto da determinare i genitori a sollecitare la ASL di competenza ad esaminare il caso del bambino (19/07/2006 Azienda USL 11 di Empoli) nella quale viene esplicitato il motivo della osservazione del bambino: ritardo nel linguaggio parla un gergo incomprensibile… è un bambino tranquillo ben regolato e comunicativo. Accenna gioco simbolico”.

Il programma per il ritardo dell’apprendimento presso l’USL

La psicologica logopedica psicomotoria sociale alcuni mesi dopo, il 16/9/2006, osservava: “bimbo cerca la maestra e gli altri bambini per giocare con loro. Molte perplessità sulle capacità di comprensione. Ci sono dei comandi che non capisce sembra non sentire. È un bambino presente nelle attività. Va in bagno da solo. Imita molto e sembra così bypassare i deficit di comprensione”; veniva deciso di iniziare trattamento logopedico.

E infatti, sin dal dicembre 2006, il piccolo veniva seguito con un programma personalizzato di aiuto e supporto presso la Azienda USL 11 di Empoli. In data 07/05/2008, veniva annotato “colloquio con i genitori, la logopedista e l’educatrice. Bimbo è ulteriormente migliorato sia nel linguaggio che nel comportamento. Qualche perplessità sulla comprensione verbale”. Il 11/06/2008 si annotava: “colloquio con le insegnanti, il bimbo presenta delle fobie a scuola (finestre chiuse)”. Il 07/07/2008 si programma il test Leiter-R per agosto 2008 (per la misura del QI e dell’abilità cognitiva particolarmente adatto per bambini e adolescenti con ritardo cognitivo e con disturbi verbali). Seguivano ulteriori annotazioni su incontri e valutazioni dei progressi del bambino sino alla certificazione del 21/07/2011 di fine trattamento logopedico. Quindi, il bambino veniva seguito dalla ASL di Empoli dal 2006 al 2011 (per cinque anni) per la patologia (errata) “Grave disturbo del linguaggio e ritardo degli apprendimenti”.

Il secondo esame audiometrico presso il C.R.O. di Firenze

Il 20/11/2009 il bambino veniva sottoposto, su insistenza della madre, ad ulteriore esame audiometrico presso il C.R.O. di Firenze, che ancora una volta dava esito negativo: “esame audioimpedenzometrico nei limiti della norma“.

Successivamente, alla fine del trattamento logopedico erano evidenti degli innegabili progressi del bambino da ascriversi, però, non alla riuscita di far evolvere un bambino minorato psichico, bensì alla circostanza che in seguito ad ulteriori accertamenti il 18/06/2010 veniva finalmente refertato che il bambino (nel frattempo aveva raggiunto l’età di 7 anni) era afflitto da “ipoacusia bilaterale prevalente sinistra di entità medio grave”.

Ergo, inutilmente, il bambino per 7 anni è stato considerato e trattato come paziente affetto da “ritardo nell’apprendimento”, era affetto, invece, da grave sordità sin dalla nascita.

Tutto questo nonostante al bambino avessero rilasciato al C.R.O. due diverse certificazioni di assenza di problemi uditivi.

La vicenda giudiziaria

I genitori del bambino, pertanto, si rivolgono al Tribunale invocando il risarcimento dei danni per errata diagnosi sia nei confronti del CRO di Firenze, sia nei confronti della ASL 11 di Empoli.

È del tutto pacifica la colpa dei convenuti considerata la omessa diagnosi di sordità da parte del CRO di Firenze, che è centro di alta specializzazione audiologica, a cui si è aggiunta la mancata percezione degli operatori dell’ASL di Empoli della sordità del bambino nonostante lo avessero tenuto in cura per oltre 4 anni (dal dicembre 2006 sino alla diagnosi di sordità del giugno 2010), senza arrivare a comprendere la natura e l’entità dei problemi del bambino.

La diagnosi di ipoacusia bilaterale è stata peraltro confermata successivamente dall’ospedale Meyer di Firenze ed il bambino ha potuto finalmente intraprendere il giusto percorso in relazione all’invalidità da cui è affetto, mediante l’ausilio di apparecchi acustici che gli hanno consentito di migliorare la propria situazione.

La Consulenza Tecnica

Il CTU ha concluso, accertato il plateale errore diagnostico, per una responsabilità da ascriversi al 50% ciascuno fra CRO di Firenze e Azienda USL Toscana Centro (ex USL 11 di Empoli).

Per la liquidazione del corrispondente danno il Giudice osserva e tiene in considerazione:

– che gli anni trascorsi dal bambino in condizione di ridotta comunicazione corrispondono ai più rilevanti e sensibili passaggi dello sviluppo è che, quindi, il bambino ha patito uno sviluppo deviato rispetto alla evoluzione che avrebbe avuto con un tempestivo inquadramento della sordità.

– la vicenda vissuta dal bambino non può considerarsi esaurita con la ritrovata funzione uditiva: nel supplemento di CTU la Neuropsicologa ha affermato che al bambino “residua un deficit di accesso al lessico in chiave fonemica e per immagini, cui si associa inefficienza a carico dei processi di codificazione/recupero delle informazioni dalla memoria a lungo termine… con fragilità ai limiti inferiori di norma per quanto concerne gli apprendimenti nella lettura, nonché nelle competenze ortografiche”.

Il danno psicologico del bambino

Considerato ciò, il Giudice ritiene che il danno psicologico del bambino non può essere di così limitata entità come stabilito dai CTU, considerando anche che il piccolo è stato praticamente emarginato dai coetanei, munito di protesi quando ormai i suoi coetanei erano padroni da anni della funzione verbale e, infine, alle soglie dell’età adulta riconosciuto portatore di una sofferenza delle funzioni superiori connesse con l’udito, tutte circostanze emerse in sede di colloquio col CTU.

Per tali ragioni, il danno viene considerato nel suo rilievo di base e rimodulato in considerazione della vicenda clinica e della situazione concreta della parte lesa: ciò sotto ogni profilo rilevante e attinente ai riflessi sulla sua integrità psico-biologica, al condizionamento e al pregiudizio nello svolgimento delle sue attività areddituali, ad ogni ulteriore aspetto morale che concorre a descrivere il danno non patrimoniale, e, necessariamente, sulla base delle risultanze e delle allegazioni anche presuntive offerte dalla parte.

Il CTU ha evidenziato che “(…) dopo la protesizzazione, il ragazzo ha comunque recuperato pressoché totalmente il proprio handicap cognitivo/comunicativo (una quota minimale del quale sarebbe comunque da considerare intrinseca allo stato di ipoacusico e quindi non necessariamente rimediabile con qualsivoglia approccio terapeutico, anche il più tempestivo), tanto che le attuali fragilità individuate non possono configurare altro che una perdita di chance (tra il 5% e il 10%) nel raggiungere le migliori performance neurocognitive…”.

Il risarcimento danni

Il Consulente nega l’invalidità permanente e afferma che sussiste nesso di causalità tra omessa protesizzazione precoce al 2004 o al 2006 e inabilità solo temporanea al 15-20%, quale danno esistenziale relazionale sofferto a causa dell’isolamento sonoro e ambientale per tutta la durata del ritardato intervento.

La perdita di chance viene liquidata equitativamente in €30.000; il danno da ritardata diagnosi viene liquidato (complessivamente) in misura pari ad €72.340; il danno morale ed esistenziale patito dai genitori viene liquidato in €20.000.

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