Rifiuto di cure per ridurre o eliminare i postumi permanenti: il danneggiato può subire una riduzione del risarcimento del danno subito?
Il rifiuto delle cure è una scelta personale e non coercibile del danneggiato?
Se analizziamo l’art. 32 della Costituzione il danneggiato non può essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la propria volontà, ma tale principio è veramente incompatibile con l’applicazione dell’articolo 1227, comma 2 c.c. (concorso del fatto colposo del creditore)?
L’art. 1227 così recita: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate [art. 2055]. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza [art. 1175, 2056].
Secondo il Cons. Marco Rossetti (Il danno alla salute, pag. 728 – Ed. Cedam) “…l’incoercibilità attiene al rapporto pubblicistico tra il cittadino e l’interesse pubblico alla cura e profilassi, ma NON può riverberare effetti sul diverso rapporto, di diritto privato, tra la vittima e l’offensore. In questo secondo rapporto viene in rilievo il diverso conflitto tra la pretesa alla riparazione integrale del danno ed il diritto a non essere costretti a risarcire danni non legati alla propria condotta da un rapporto di causalità… Dire che un’azione od omissione è espressione di un diritto di libertà non vuol dire che quella condotta sia anche corretta e diligente ai sensi dell’artt. 1175 e 1176 c.c…”.
Una attenta valutazione di quanto sopra argomentato non può che far sorgere riflessioni spontanee e comunque non può non far concludere che il rifiuto di cure da parte del danneggiato crea non pochi problemi logico giuridici.
Per questo vorrei fare delle personali riflessioni che probabilmente non risolveranno alcun dilemma.
Se nell’analisi di un fatto antigiuridico procediamo per step potremmo così riflettere:
- Senza il fatto illecito non ci sarebbe un danneggiato e un postumo permanente da risarcire. Solamente questo fatto dovrebbe far riflettere sull’impossibilità di disconnettere causalmente il risarcimento del postumo permanente dal comportamento del danneggiato;
- Il rifiuto di cure non è un concausa che esclude il nesso causale in quanto non rappresenta un evento eccezionale e non prevedibile ex ante;
- Ogni cura, soprattutto quella chirurgica, ha dei rischi insiti nella procedura e non esiste la certezza di migliorare talmente tanto da rendere il rapporto rischio/benefici accettabile per il danneggiato.
Ergo, per quanto possa valere la nostra opinione, si reputa che nessun danneggiato può essere costretto a subire cure cruente per migliorare gli esiti di un danno psico-fisico, se non a fronte di trattamenti banali e non pericolosi per la salute.
Infine non si condivide il paragone con la materia previdenziale in quanto un infortunio sul lavoro è un indennizzo slegato dal fatto illecito (anche se non sempre).
Dr. Carmelo Galipò
(Pres. Accademia della Medicina Legale)
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